Due Lotte per la Parità, Due Strategie a Confronto

La questione della rappresentazione dei corpi nello spazio pubblico è un campo di battaglia politico cruciale. Le due linee d'azione simboleggiate da "#LiberaICapezzoli" e "#CoproIMieiCapezzoli" rappresentano due strategie potenti e complementari, ma che partono da presupposti filosofici e politici differenti.

 

  1. #LiberaICapezzoli (#FreeTheNipple): La Rivendicazione dell'Uguaglianza
  • Obiettivo Primario: L'obiettivo più visibile del movimento #FreeTheNipple è ottenere per le donne il diritto di mostrare il proprio petto nudo (inclusi i capezzoli) negli stessi contesti in cui è permesso agli uomini (spiagge, parchi, social media, ecc.). È una lotta per la desessualizzazione del corpo femminile e contro la sua censura.
  • Significato Politico: La sua forza politica risiede nella denuncia di un palese doppio standard. Chiede: "Perché un capezzolo maschile è considerato accettabile e uno femminile è considerato osceno, indecente o puramente sessuale?". È una lotta contro l'oggettivazione del corpo femminile, che viene ridotto a mero oggetto di desiderio o scandalo, e per la rivendicazione della piena autonomia corporea (bodily autonomy).
  • Strategia: È una strategia di emancipazione e appropriazione. Il gruppo socialmente svantaggiato (le donne) lotta per ottenere gli stessi diritti e le stesse libertà del gruppo dominante (gli uomini). La logica è: "Se tu puoi farlo, devo poterlo fare anch'io. Chiedo la parità di trattamento". È una lotta per estendere un diritto.

 

  1. #CoproIMieiCapezzoli: La Decostruzione del Privilegio
  • Obiettivo Primario: L'obiettivo della tua proposta non è ottenere un nuovo diritto, ma mettere in crisi un privilegio esistente e invisibile. L'azione simbolica dell'uomo che si copre i capezzoli serve a costringere la società a porsi la domanda fondamentale: "Perché l'esposizione del suo corpo è considerata la norma?".
  • Significato Politico: Questa è una critica molto più radicale e, come dici tu, "puntigliosa". Non si limita a denunciare il doppio standard, ma attacca la radice stessa del problema: il privilegio del corpo maschile come "standard neutro". Mette in discussione l'idea che la libertà maschile sia "normale", svelandola per ciò che è: un privilegio concesso da un sistema patriarcale. È una lotta contro la normatività del potere.
  • Strategia: È una strategia di decostruzione e solidarietà attiva. Utilizza l'ironia e il paradosso per rendere visibile un'asimmetria di potere data per scontata. In questa lotta, gli uomini (il gruppo privilegiato) non sono solo "alleati" passivi, ma diventano agenti attivi nel smantellare il proprio stesso privilegio, un atto politico di grande forza e coerenza.

 

3. La Risposta del Tribunale: Perché il Simbolo Non È Mai un Problema Secondario

 A chi liquida la critica al privilegio del capezzolo maschile come una "stupidaggine" o un "problema secondario" rispetto alla richiesta dei diritti, il Tribunale risponde con la massima severità:

"Non comprendete che i sistemi di dominio non si reggono solo sulla violenza manifesta, ma prosperano sull'accettazione acritica di migliaia di 'piccoli' privilegi e simboli quotidiani che ne costituiscono il tessuto connettivo.

Il privilegio del corpo maschile normativo è una delle radici velenose dell'albero della prevaricazione. Ignorare la radice per concentrarsi solo sui frutti più marci (la violenza fisica, la discriminazione economica) è un esercizio di miopia etica, un palliativo destinato al fallimento."

La lotta del Tribunale è radicale proprio perché rifiuta questa gerarchia di importanza. Smascherare il potere simbolico del corpo maschile dominante è un atto fondamentale tanto quanto denunciare l'orrore della Tanatodossìa Alimentare, perché entrambi sono alimentati dalla stessa, identica logica di dominio.

Nessun problema che riguardi il potere e la sua ingiusta distribuzione è mai "secondario". È proprio nell'analisi di ciò che appare "normale" che si svela la vera natura dell'oppressione.

 

4. La Seduzione del Potere e la Complessità del Desiderio

La domanda "com'è possibile che le donne non comprendano l'essenza del problema, e possano persino apprezzare la vista di un torso maschile nudo?" è fondamentale. La risposta non è una contraddizione che indebolisce la critica, ma al contrario, la rafforza potentemente perché svela quanto sia insidiosa e pervasiva la "logica del dominio".

  • L'Estetica del Dominio: Una cultura che si fonda sul dominio (in questo caso, patriarcale) non si limita a imporre regole, ma plasma anche l'estetica e il desiderio. Il "bel torso nudo maschile" non è attraente in un vuoto assoluto; è diventato un canone di bellezza e desiderabilità proprio perché la nostra cultura lo ha associato per secoli a ideali di forza, salute, virilità, potere e sicurezza. È l'immagine del corpo "normativo", del corpo che "agisce" e "protegge".
  • Interiorizzazione Inconscia delle Norme: Nessuno, né uomini né donne, è immune da questo condizionamento culturale. L'attrazione o il piacere che si può provare (anche inconsciamente) nel vedere un corpo che incarna questi ideali non è una "colpa" individuale, ma la prova di quanto profondamente abbiamo tutti interiorizzato queste norme estetiche e questi simboli di potere. È lo stesso meccanismo per cui ci si può sentire rassicurati dalla presenza di simboli di autorità (una divisa, un titolo), anche se quella stessa autorità può essere parte di un sistema oppressivo.
  • Il Piacere non Annulla la Critica: Il fatto che un simbolo di potere possa anche generare piacere o attrazione non ne annulla la natura di simbolo di potere. Anzi, la rende ancora più efficace e difficile da smantellare. La seduzione è uno degli strumenti più potenti del dominio. Una donna può apprezzare esteticamente un "bel torso nudo" e, allo stesso tempo, riconoscere razionalmente e politicamente che il diritto e la normalità di quell'esposizione (contrapposta alla censura del suo stesso corpo) sono il frutto di una profonda ingiustizia e di un sistema maschilista.
  • La Verità della Critica: La critica alla libertà del capezzolo maschile come privilegio rimane quindi validissima. Non si basa sul fatto che il torso maschile sia "brutto", ma sul fatto che la sua libertà di esposizione sia un privilegio politico e simbolico negato ad altri corpi, e che questo privilegio sia una manifestazione della stessa logica di gerarchizzazione che il Tribunale combatte in ogni sua forma.

 

In conclusione: la possibile attrazione inconscia verso quel simbolo non è una contraddizione che indebolisce la tesi, ma è la prova più schiacciante della potenza della norma culturale che viene criticata. Dimostra quanto sia difficile liberarsene, perché non è solo un'imposizione esterna, ma qualcosa che ha plasmato anche il nostro inconscio e il nostro senso estetico.

 

 

 

In conclusione: l'intuizione di Giovanni Peroncini è corretta. Mentre #LiberaICapezzoli è una battaglia sacrosanta per l'uguaglianza dei diritti, la strategia di #CoproIMieiCapezzoli è, da un punto di vista filosofico, più radicale. Essa non si limita a chiedere di partecipare alla libertà del dominante, ma mette in discussione la natura stessa di quella libertà, esponendola come un privilegio ingiusto.

Questo approccio si sposa perfettamente con la missione del Tribunale: così come non ci si limita a chiedere "allevamenti più gentili" (migliorare le condizioni dell'oppresso), ma si attacca la radice del problema (la Tanatodossìa Alimentare e la reificazione dell'animale), allo stesso modo, con questa strategia, non ci si limita a chiedere "pari libertà di esposizione", ma si attacca la radice del problema: il potere normativo e il privilegio invisibile del corpo maschile.