MODA
VERDETTO: in quanto sistema industriale e culturale che sfrutta gli animali per profitto e vanità, si rende colpevole di:
- complicità con l'industria della pelliccia e del cuoio
- utilizzo di materiali di origine animale (pelle, pelliccia, lana, seta, piume, etc.)
- promozione di una estetica specista e cruenta
- normalizzazione dell'oggettificazione e dello sfruttamento animale
- disinteresse per il benessere e la biodignità animale
MOTIVAZIONI:
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COMPLICITÀ CON L'INDUSTRIA DELLA PELLICCIA E DEL CUOIO: La moda si rende direttamente complice delle industrie della pelliccia e del cuoio, sostenendo e alimentando settori industriali di estrema crudeltà e violenza verso gli animali. La richiesta di pellicce da parte dell'industria della moda mantiene in vita allevamenti intensivi dove milioni di animali (visoni, volpi, cincillà, etc.) vengono rinchiusi in gabbie minuscole e squallide, privati di ogni libertà e dignità, e uccisi in modo brutale e cruento (scuoiati vivi, gasati, fulminati, etc.) per ricavare le loro pelli. Sebbene in Italia, dal 1° Gennaio 2022, sia in vigore il divieto di allevamento di alcune specie (visone, volpe, castoro, nutria e cincillà) a scopo di pelliccia, questo divieto, pur rappresentando un passo avanti, non elimina completamente la complicità della moda con l'industria della pelliccia a livello globale. La domanda di cuoio da parte della moda alimenta l'industria zootecnica, responsabile di indicibili sofferenze per miliardi di bovini, ovini, caprini, suini che vengono allevati in condizioni aberranti, marchiati a fuoco, mutilati, privati dei loro piccoli, trasportati per migliaia di chilometri in condizioni estreme, e infine condotti al macello per essere uccisi e scuoiati. La complicità della moda con queste industrie cruente è una forma di responsabilità morale e materiale che la rende direttamente colpevole di specismo e di sostegno attivo alla violenza contro gli animali.
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UTILIZZO DI MATERIALI DI ORIGINE ANIMALE (PELLE, PELLICCIA, LANA, SETA, PIUME, ETC.): La moda utilizza sistematicamente materiali di origine animale per la produzione di abbigliamento, calzature, accessori, sfruttando e mercificando i corpi e le "produzioni" degli animali per fini puramente estetici e commerciali. L'utilizzo di pelle e pelliccia è intrinsecamente legato alla sofferenza e all'uccisione degli animali, come già evidenziato. Ma anche l'utilizzo di lana, seta, piume, cachemire, angora e altri materiali "naturali" di origine animale implica sfruttamento, mutilazioni, condizioni di vita stressanti, e spesso anche la morte prematura degli animali. Le pecore vengono sottoposte al mulesing (asportazione di strisce di pelle intorno alla coda), le capre d'angora vengono tosate brutalmente, le oche e le anatre vengono spiumate vive per ricavare piume e piumino, i bachi da seta vengono bolliti vivi nei loro bozzoli per estrarre la seta. Questo utilizzo sistematico di materiali di origine animale è una forma di reificazione e oggettificazione degli animali, ridotti a "materie prime" per la produzione di beni di consumo, e privati della loro dignità intrinseca di esseri senzienti.
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PROMOZIONE DI UNA ESTETICA SPECISTA E CRUENTA: La moda promuove una estetica intrinsecamente specista e cruenta, esaltando e glorificando l'utilizzo di materiali di origine animale, presentandoli come "pregiati", "lussuosi", "eleganti", "desiderabili", e associandoli a immagini di potere, successo, bellezza, e status sociale. Le pellicce vengono ostentate come simboli di ricchezza e raffinatezza, il cuoio viene presentato come "materiale nobile" e "resistente", la lana viene promossa come "calda", "confortevole", "naturale", la seta come "preziosa" e "sensuale", le piume come "leggere" e "voluttuose". Questa estetica specista e cruenta banalizza la sofferenza animale, normalizza l'utilizzo di corpi e "produzioni" animali come "ornamenti" e "status symbol", e perpetua un immaginario collettivo profondamente specista che ostacola l'emergere di una sensibilità etica e antispecista nel mondo della moda.
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NORMALIZZAZIONE DELL'OGGETTIFICAZIONE E DELLO SFRUTTAMENTO ANIMALE: La moda, attraverso le sue pratiche produttive, le sue campagne pubblicitarie, le sue sfilate, le sue riviste, i suoi modelli estetici, normalizza l'oggettificazione e lo sfruttamento animale, presentandoli come "naturali", "inevitabili", "accettabili", "addirittura "desiderabili" e "glamourous"". Le campagne pubblicitarie spesso utilizzano immagini stereotipate e rassicuranti degli allevamenti, dissimulando la realtà della violenza e della sofferenza che si cela dietro i prodotti animali, e presentando l'utilizzo di pellicce e cuoio come "scelte di stile" innocue e "alla moda". Le sfilate di moda esibiscono pellicce e capi in pelle come "opere d'arte" e "simboli di creatività", ignorando completamente l'orrore e la crudeltà che si celano dietro la loro produzione. Le riviste di moda celebrano le "tendenze" speciste, esaltando l'"eleganza" della pelliccia, la "qualità" del cuoio, il "fascino" esotico di piume e pelli esotiche, senza mai mettere in discussione la dimensione etica di queste scelte. Questa normalizzazione dell'oggettificazione e dello sfruttamento animale è una forma di violenza culturale che interiorizza lo specismo come "norma sociale" e ostacola il cambiamento etico.
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DISINTERESSE PER IL BENESSERE E LA BIODIGNITÀ ANIMALE: La moda manifesta un totale disinteresse per il benessere e la biodignità animale, privilegiando in modo assoluto il profitto e la vanità rispetto alle esigenze, ai diritti, e alla sofferenza degli animali. Le aziende di moda raramente si pongono il problema dell'origine e della provenienza etica dei materiali di origine animale che utilizzano, non effettuando controlli adeguati sulle filiere produttive, non garantendo standard minimi di benessere animale, e non investendo in ricerca e sviluppo di alternative cruelty-free e sostenibili. I designer e i creativi della moda spesso ignorano completamente la questione animale, focalizzandosi esclusivamente sull'estetica, sul trend, sul profitto, e sulla "libertà creativa", senza considerare l'impatto etico e ambientale delle loro scelte. I consumatori di moda, spesso indotti a comprare prodotti specisti da pubblicità ingannevoli e pressioni sociali, raramente si interrogano sulle conseguenze delle loro scelte di consumo per gli animali e per il pianeta, privilegiando l'apparenza, la vanità, e lo status symbol rispetto alla responsabilità etica e alla compassione. Questo disinteresse sistemico per il benessere e la biodignità animale è una forma di indifferenza morale che alimenta lo specismo e perpetua lo sfruttamento animale nel mondo della moda.